c'era una volta un gioco.
un gioco che facevamo io e mia sorella, direttamente a casa.
che cos'era?...una versione tutta nostra del calcio!
stanchi del fatto che, per poter giocare una partita a calcetto come si deve, la città non fornisce alcun luogo spontaneo, a parte qualche freddo campetto a pagamento, e delusi dal fatto che il calcio, nelle sue varie forme, è un gioco brutto e stancante, perchè se non hai un numero sufficiente di giocatori da schierare in campo, non se ne fa niente

, io e mia sorella, in uno di quei periodi in cui, forse perchè non abbiamo ancora internet a disposizione, la nostra fantasia e creatività è davvero molto fertile (lo dico con un pizzico di nostalgia

) decidiamo di cucirci il calcio addosso, sfruttando le nostre possibilità...
così, il calcio non è più un gioco fra 2 squadre di 11 giocatori (o 7, o ancora 5, come nel calcetto), ma diventa una sfida personale, da fare uno contro uno
...per cui, fine di qualunque ragionamento tattico, fine del marcamento "a zona", e trionfo di un decisamente più spontaneo marcamento assoluto sull'unico uomo

, cioè l'avversario che hai di fronte...
usando, come campo di gioco, lo spiazzale pavimentato subito prima del giardino (o, in una successiva versione, il terrazzo), ecco che io e mia sorella piazzavamo le "nostre" porte...macchè pali e traverse!...bastavano 4 sedie, 2 per me e 2 per lei, e i "piedi" delle sedie stavano a rappresentare i pali, mentre come pallone era sufficiente una pallina...di tennis!
in questo modo, il "nostro" calcio diventava un gioco più piatto di quello ufficiale, perchè non esistevano traversoni da fare, perchè non c'era nessuno, nella tua squadra, che potesse riceverli

, e questo rendeva del tutto inutile l'identificazione di una traversa per le nostre sedie-porte, perchè tanto non capitava mai di fare tiri talmente alti da richiedere prodezze equilibristiche alla dino zoff....
i mattoni del pavimento, inoltre, servivano come riferimento per altri fattori: un certo numero di mattoni doveva dividere il primo palo della porta (leggete
"primo piede della sedia") dall'altro, un altro numero di mattoni doveva indicare la lunghezza del campo, quindi la distanza fra la mia porta, e quella di mia sorella, e avevamo stabilito anche un numero fisso di mattoni per delimitare l'area (unico spazio in cui era consentito afferrare la pallina con le mani), e la distanza da cui battere l'eventuale calcio di rigore...
insomma, le stesse regole del calcio, nessuna interpretazione, e un gioco sempre molto corretto

....e questo bastava per divertirci, mentre i nostri piedi (preferibilmente scalzi, perchè così era più facile muoversi) rincorrevano la pallina da tennis in mezzo al campo, e non era certo facile gestire il gioco, con una pallina così piccola....
la cosa più bella, era che sia io che mia sorella eravamo il portiere, il difensore, il centrocampista e l'attaccante della nostra "squadra"...in un certo senso, avevamo capito che anche gli sport di squadra possono diventare più piacevoli, se si riesce a creare un contatto individuale fra gli avversari...e le scene più comiche arrivavano quando il gatto di casa, libero nel giardino, vedeva quella pallina correre in campo, e cercava di intrufolarsi, "disturbando" il gioco...in quel caso, non potevamo far altro che considerarlo un "corpo estraneo", con lo stesso effetto dell'arbitro di calcio: tutto quello che tocca, è regolare, per cui il gioco, pur in mezzo a qualche difficoltà, continua...