Allora per rimanere in tema con gio posto anch'io un film con e di benigni che mi piace molto...
Ps...no gio non mi puoi schifare sister act!
Lingua originale: italiano, tedesco, inglese
Paese: Italia
Anno: 1997
Durata: 120 min
Colore: colore
Audio: sonoro
Rapporto: 1,85:1
Genere: drammatico, commedia
Regia: Roberto Benigni
Soggetto: Roberto Benigni, Vincenzo Cerami
Sceneggiatura: Roberto Benigni, Vincenzo Cerami
Produttore: Elda Ferri, Gianluigi Braschi
Casa di produzione: Cecchi Gori Group, Melampo Cinematografica
Distribuzione (Italia): Cecchi Gori Distribuzione
Interpreti e personaggi Roberto Benigni: Guido Orefice
Nicoletta Braschi: Dora
Giorgio Cantarini: Giosuè
Giustino Durano: Eliseo Orefice
Amerigo Fontani: Rodolfo
Sergio Bustric: Ferruccio Papini
Lydia Alfonsi: signora Guicciardini
Horst Buchholz: dottor Lessing
Pietro De Silva: Bartolomeo
Marisa Paredes: madre di Dora
Giuliana Lojodice: direttrice
Francesco Guzzo: Vittorino
Trama Il film comincia con un commento fuori campo di Omero Antonutti: Questa è una storia semplice, eppure non è facile raccontarla, come in una favola c'è dolore, e come in una favola, è piena di meraviglie e di felicità.
1939. Guido Orefice (Roberto Benigni), un giovanotto ebreo pieno di allegria, si reca ad Arezzo con l'amico Ferruccio. Durante il movimentato viaggio Guido incontra una giovane maestra, Dora (Nicoletta Braschi), che chiama da subito principessa. Arrivato in città, si reca a casa dello zio Eliseo (Giustino Durano), maître dell'hotel più rinomato della città: Guido è infatti deciso a diventare un cameriere sebbene il suo progetto sia quello di aprire in seguito una libreria. Quello stesso giorno, in municipio, avviene lo scontro con Rodolfo, un arrogante gerarca fascista, in seguito al quale ciascuno dei due soprannomina l'altro lo scemo delle uova (Guido sbadatamente mette le uova nel cappello del gerarca, e quando questo lo indossa le uova gli si rompono sulla testa).
Un giorno Guido incontra di nuovo Dora e scopre che è fidanzata con Rodolfo. Nel frattempo, Guido all'hotel fa amicizia con un medico tedesco con la fissazione per gli indovinelli. Il giorno dopo, nella speranza di rincontrare Dora, Guido, si spaccia per ispettore scolastico e "dimostra" la superiorità della razza ariana. Una sera Dora, con i suoi amici, va a teatro, ovviamente Guido la segue e, con uno stratagemma, la "soffia" a Rodolfo. I due quella sera parlano a lungo e Guido le confessa infine il proprio amore per lei.
Una sera, proprio al Grand Hotel, Rodolfo festeggia il suo fidanzamento ufficiale con Dora, restia e non troppo convinta del passo. Nel corso della festa Dora si rende conto di quanto sia più attratta da Guido e, al termine della serata, sale sul cavallo che Guido fa entrare nell'hotel e si lascia "rapire". Guido e Dora si sposano e dal loro amore nasce Giosuè (Giorgio Cantarini).
Sei anni dopo la famiglia è ancora felice, Guido ha finalmente aperto la sua libreria ma proprio il giorno del compleanno di Giosuè, il piccolo, Guido e lo zio vengono deportati in un campo di concentramento assieme agli altri ebrei. Dora, che non è ebrea, li segue volontariamente, incontrando il marito per l'ultima volta appena arrivati al campo. Pur di proteggere Giosuè dagli orrori della realtà, in una delle scene più geniali del film, Guido si spaccia come interprete del caporale tedesco, e "traduce" tutte le regole del lager in un emozionante gioco in cui si dovranno affrontare prove tremende per vincere il meraviglioso premio finale, un carro armato.
Col passare dei giorni Giosuè entra attivamente nel vivo del "gioco". Qualche giorno dopo Guido riuscirà a parlare con Dora per l'ultima volta attraverso il microfono del campo. Durante la visita medica, Guido incontra nuovamente il medico del Grand Hotel che gli offre di lavorare come cameriere ad una cena degli ufficiali tedeschi. Guido accetta credendo che il medico voglia aiutarlo ad evadere dal lager, ma grande sarà la sua delusione quando, quella stessa sera, il dottore lo chiamerà solo per sottoporgli un assurdo indovinello.
Una notte, all'improvviso, i soldati tedeschi abbandonano freneticamente il campo dopo aver fatto strage dei deportati rimasti. Guido riesce a nascondere Giosuè in una cabina, promettendogli di ritornare, ma mentre è alla ricerca della moglie viene scoperto e fucilato. Le scene finali del film mostrano come al mattino seguente il lager venga liberato. Giosuè esce dalla cabina in cui si era rifugiato ed è infine salvato da un soldato americano che lo fa salire su un carro armato mentre, convinto di aver vinto il premio finale, grida: è verooo!!!
Il film si conclude con il bambino, accompagnato dall'americano, che ritorna felicemente dalla madre e la voce narrante termina dicendo: Questa è la mia storia, questo è il sacrificio che mio padre ha fatto, questo è stato il suo regalo per me!
Storia del film Il film fu girato tra il novembre 1996 e l'aprile 1997, tra Arezzo, Montevarchi, Castiglion Fiorentino, Roma e Papigno (Terni), Benigni dichiarò: Questo film, che si chiama «La vita è bella», mi è venuto fuori, ma con emozione, tanto che mi ha fatto tremare tutte le costole del costato, ma anche a girarlo, ma bello, bello, è un film che l'ho fatto in me la notte [1].
Durante le riprese, Benigni ebbe comunque qualche esitazione: La gente mi diceva di fare attenzione perché era una idea molto estrema, temevo di offendere la sensibilità dei sopravvissuti, lo so che tragedia sia stata, e sono orgoglioso di aver dato il mio contributo, sull'Olocausto e sulla memoria di questo terrificante periodo della nostra storia, io non sono ebreo, ma la storia appartiene a tutti.
Il campo di concentramento nel film è in realtà una vecchia fabbrica dismessa nei pressi di Terni (Papigno) che fu riadattata come lager per le riprese.
Da ricordare che questo fu l'ultimo dei 135 film di cui Tonino Delli Colli fu Direttore della Fotografia; e in un'intervista, alla domanda su cosa volesse dire lavorare con Benigni, rispose: È proprio una bellezza.
Inoltre Benigni si avvalse della consulenza dello storico Marcello Pezzetti e di Shlomo Venezia, sopravvissuto di Auschwitz, che a quei tempi era uno dei Sonderkommando, cioè quelle unità speciali che avevano il compito di estrarre i corpi dalle camere a gas e cremarli. In seguito tutti i Sonderkommando vennero uccisi per mantenere il segreto sull'Olocausto. Venezia è uno dei pochissimi sopravvissuti: se ne contano una dozzina nel mondo.